If there has been a crime, people want a guilty person. Rightly or wrongly it doesn’t matter.
Il grande successo di The Handmaid’s Tale spiana un po’ la strada ad Alis Grace e in molti ci siamo avvicinati a questa serie tv grazie alla trasposizione che l’ha preceduta. Ma se la serie tv ci intriga e ci appassiona, è solo merito suo. A differenza del precedente racconto di Margaret Atwood, qui non ci troviamo in un futuro distopico in cui la donna viene intesa come un oggetto utile alla riproduzione, ma in un passato che, se possibile, riesce ad essere altrettanto violento, misogino e crudele.
Conosciamo Grace quando sono già trascorsi quindici anni dal suo incarceramento. La ragazza, accusata colpevole di aver ucciso i signori presso i quali prestava servizio, è costretta a vivere la sua vita rinchiusa, vittima di studi abbastanza comuni in epoca vittoriana e di abusi sia fisici che psicologici. Grace presenta se stessa raccontandosi al dottor Jordan, ma la parte più interessante è quella del voice-over, in cui Grace sviscera i suoi pensieri sotto forma di lettera indirizzata a Jordan.
Ciò che ci rende molto vicini al dottore e la voglia di conoscere Grace. Chi è, veramente? Una vittima del suo tempo o una subdola manipolatrice? Riusciremo a rispondere a queste domande solo con il trascorrere delle puntate, ma la fascinazione che ruota intorno a questo personaggio è totalizzante. Sarah Gadon ammalia con la sua semplicità e profondità, riuscendo sempre a calibrare l’interpretazione per non risultare forzata. Da sua grande fan, era tempo che aspettavo di vederla in un ruolo così incisivo. La Grace che ci presenta è una ragazza metodica (che cuce senza nemmeno guardare il proprio lavoro) e ricca di strati: tramite brevi flashback riusciamo a percepire tutta la sua profondità, ma la rapidità con cui risponde alle associazioni che le vengono proposte dal dottore sono il risultato di una logica infallibile. In quali occasioni non si mangia una mela? Quando è marcia, ovviamente.
È affiancata da un Edward Holcroft molto posato, volto di un personaggio che non si è ancora esposto e ingaggiato dalla Chiesa che, proprio come la Magistratura, vuole fare di Grace un esempio – ma, in questo caso, liberandola. Notiamo da subito il suo interesse verso il modo di ragionare di Grace, verso la sua storia e la sua persona, ma quando il suo racconto sarà terminato, da quale parte si schiererà? E noi? Le similitudini che si possono riscontrare tra noi pubblico ed il dottore sono molte e questo è un aspetto molto interessante. Fino ad ora non abbiamo goduto dell’onniscenza che spesso ha lo spettatore, percepiamo l’evolvere della storia così come lo percepisce il personaggio e questo ci permette di crearci un’opinione che non è assolutamente intaccata.
Facciamo una breve conoscenza anche degli altri personaggi che incontreremo nel corso della stagione, soffermandoci in particolare su Mary Whitney, amica molto cara a Grace. Esuberante ed aperta, sembra trovarsi al polo opposto di Grace. Il loro rapporto, di cui scopriremo di più nella prossima puntata, sarà sicuramente cardinale nell’evoluzione della storia.
Il pilot è pregno dei dialoghi incisivi della Atwood, che aggiungono uno spessore ancora più profondo a tutta la storia. Impossibile, anche in questo caso, scindere la serie tv dai grandi dialoghi e citazioni che provengono dalla cugina su carta.
Alias Grace ci lancia un pilot che nella sua prima parte è molto lento ed introduttivo, ma che appena entra nel vivo della storia ci avvolge e ci ingloba nei misteri che costituiscono la serie tv.
Nel darvi appuntamento alla prossima puntata, vi invito a passare nelle pagine di Sarah Gadon Source e Sara Gadon Italian Fans.